Ing. Piero Petrisano Promotore Finanziario
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Da vedere
Nel cuore del Parco del Pollino, incastonato tra le rocce per rendersi invisibile alle scorribande dei saraceni, Civita è uno scrigno che custodisce le antiche tradizioni del popolo arbëresh. La vallata in cui sorge è circondata da montagne boscose, dove arrivano i riflessi azzurri del mare Ionio, che s’intravvede all’orizzonte.
Civita è uno degli insediamenti meglio conservati della Calabria interna, caratterizzato da una struttura urbanistica fatta di viuzze e slarghi che si intersecano le une negli altri. Questa struttura – presente nei tre principali rioni, Sant’Antonio (il più antico e più affascinante), piazza e Magazzeno – si chiama in albanese gjitonia, termine d’origine greca traducibile con “vicinato”. La gjitonia ha un significato urbanistico e nello stesso tempo è il nucleo base dell’organizzazione sociale. Rappresenta infatti la porzione più piccola del tessuto urbano, costituita da una piazzetta nella quale confluiscono i vicoli, circondata da edifici: di solito una casa signorile intorno alla quale sono stati sovrapposti altri nuclei minori che occupano l’intero spazio. Qui ci si riunisce a ricamare, a conversare, ci si parla dal galti, il ballatoio davanti alla porta d’ingresso. La gjitonia è dunque una pratica sociale: come lo sheshi, lo slargo più grande che raccoglie la gente della gjitonia nel tempo libero, dove ad esempio s’improvvisano i canti corali tra donne, e che in genere porta il nome della persona che vi abita.
Caratteristici di Civita sono anche i comignoli e le “case parlanti”. I comignoli sono quasi delle opere d’arte. Non si sa con precisione quando sia cominciata l’usanza di innalzare comignoli imponenti e dalle forme capricciose, diversi per ogni casa e secondo l’estro del mastro muratore. Il comignolo era come la firma per una nuova casa, di cui diventava il totem, con la funzione non solo di aspirare il fumo dai camini, ma anche di tenere lontano gli spiriti maligni. Sono una cinquantina i comignoli storici, costruiti probabilmente tra fine Seicento e inizio Novecento.
Passeggiando per il borgo s’incontrano inoltre alcune abitazioni dall’aspetto antropomorfo, le cosiddette «case di Kodra» o «parlanti», una sorta di omaggio al pittore albanese naturalizzato italiano Ibrahim Kodra, di fama internazionale. Si tratta di abitazioni molto piccole, con finestrelle, canna fumaria e comignolo, la cui facciata richiama con evidenza la faccia umana.
La parte più antica del paese è, come dicevamo, il quartiere Sant’Antonio, che ha origini medievali e un tessuto urbano in cui spiccano non solo i comignoli decorati, ma anche forni pensili e logge. Nel centro storico, oltre alla cappella di Sant’Antonio e a quella cinquecentesca di Santa Maria della Consolazione, è da visitare la chiesa di Santa Maria Assunta, costruita in stile barocco nella seconda metà del XVI secolo. L’impianto è orientale: guarda verso il sorgere del sole e reca i simboli e le forme della teologia bizantina. Oggi, infatti, la chiesa ha l’iconostasi (la parete che regge le icone) e l’altare greco. Vi si celebra la liturgia bizantina, perché gli albanesi d’Italia sono cattolici di rito greco. Nella chiesa, quindi, le statue sono sostituite da icone: quelle del Cristo Pantokràtor e della Vergine Odigitria sono state dipinte da Alfonso Caccese, e quelle delle dodici feste dell’anno sono giunte da Atene. Anche l’iconostasi in legno di noce e di ulivo è recente, di trent’anni fa.
(Fonte: borghi più belli d'Italia)